• CATALOGO
  • LIBRI
  • CODICI
  • RIVISTE
  • SERVIZI ON LINE
  • ELEARNING
  • EBOOK
  • APP
  • BANCHE DATI
  • SCUOLA DI FORMAZIONE
  • SOFTWARE
 

Globalizzazione e Politica del diritto

Il Blog di Gianluca Sgueo

  • Home
  • Profilo
  • Pubblicazioni
  • Contatti
  • Archivio
Postilla » Diritto » Il Blog di Gianluca Sgueo » Diritto amministrativo » La privatizzazione dell’acqua: lo Stato che fa male a tutti

16 maggio 2011

La privatizzazione dell’acqua: lo Stato che fa male a tutti

Tweet

Quando nel 1888 l’economista francese Paul Leroy-Beaulieu si chiedeva quale fosse il livello ottimale di intervento pubblico – il limite cioè oltre il quale la presenza dello Stato nella vita dei cittadini sarebbe stata inutile, sconveniente, o addirittura controproducente – rispondeva individuandolo da qualche parte a metà strada tra l’8% e il 10% del Prodotto Interno Lordo. Secondo Leroy-Beaulieu numeri inferiori all’8% denotavano un approccio moderato; invece, una presenza pubblica superiore al 12% rappresentava un’anomalia dannosa, e meritava l’appellativo di “esorbitante”.

Previsioni affascinanti, ma poco realistiche. Non solo negli ultimi cento anni la presenza dello Stato è cresciuta progressivamente, superando di gran lunga il 12%, ma si è trattato di una crescita esponenziale. Oggi la spesa pubblica delle economie occidentali si stabilizza intorno al 40% del PIL, raggiungendo punte del 60% (è accaduto in Svezia tra il 1980 e il 1990). La crescita dello Stato è dovuta in parte a ragioni fisiologiche – l’aumento della popolazione e, contestualmente, dell’età media hanno inciso pesantemente sulla domanda di servizi – e in parte ideologiche. Il binomio Stato interventista–benessere della collettività ha rappresentato per molti anni una suggestione invincibile agli occhi della politica e della scienza politica. Solamente in anni a noi più vicini è prevalsa l’idea opposta: che cioè troppo Stato fosse nocivo, perché non più capace di produrre efficienza, e dunque andasse ridimensionato.

Ecco allora le privatizzazioni e le partnerships pubblico-privato.

Con le prime si è tentato di migliorare la qualità del servizio pubblico assoggettandolo alle logiche del settore privato, con le seconde si è investito su modelli ibridi che coniugassero la qualità del privato con il garantismo del pubblico.

La rincorsa al ridimensionamento degli apparati pubblici non è affatto terminata. Gli esempi sono tanti. Quando, con la globalizzazione, gli Stati hanno delegato le organizzazioni sopranazionali della gestione di settori importanti (il commercio, la finanza, la sicurezza, l’ambiente), in molti hanno celebrato il tramonto dello Stato-nazione, auspicando una nuova contrazione nella crescita degli apparati governativi. Il Premier inglese Cameron oggi ipotizza una Big Society in grado di scalzare l’amministrazione, assecondando la crescita del terzo settore (la società civile) e facendo dei cittadini gli amministratori di sé stessi.

È anche per questo motivo che le strumentalizzazioni sul prossimo referendum dell’acqua, e la contro-proposta del governo di istituire un’autorità indipendente appaiono, se non immotivate, quantomeno illogiche. Chi si oppone alla privatizzazione della gestione dei servizi idrici ignorano, o fingono di ignorare, i fatti. La gestione pubblica delle risorse idriche in Italia è altamente disfunzionale, preda di apparati pubblici incapaci di garantire l’allocazione efficiente delle risorse. Spostare l’oggetto del quesito dalla gestione del bene al bene stesso rappresenta un’operazione demagogica e fuorviante, che non prova a risolvere ma, al contrario, nasconde il problema. Come anche lo nasconde la proposta di governo di creare una nuova autorità garante. Sia chiaro: non che le authorities rappresentino un modello di amministrazione sbagliato in sé. Tutt’altro. Né, del resto, si sostiene che le risorse idriche non possano beneficiare di una regolazione indipendente (come è accaduto per l’energia e il gas). La proposta governativa è però doppiamente inopportuna. Anzitutto, perché presentata prima del voto popolare; inoltre, perché delegittima implicitamente la privatizzazione, spostando il baricentro decisionale dal privato al pubblico.

Questo il clima. Non ci stupiremmo, allora, se la campagna di disinformazione sortisse gli effetti sperati e il referendum sull’acqua producesse un risultato che, come lo Stato esorbitante di Leroy-Beaulieu, non può che far male a tutti.

 

Gianluca Sgueo

Letture: 9939 | Commenti: 16 |
Tweet

16 Commenti a “La privatizzazione dell’acqua: lo Stato che fa male a tutti”

  1. claudia ascione scrive:
    Scritto il 16-5-2011 alle ore 12:55

    Sono d’accordo con la palese strumentalizzazione del tema e il tentativo di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dalla modalità di gestione del bene all’importanza del bene stesso come se fosse in qualche modo a rischio la sua fruizione. Tuttavia sono convinta che proprio la gestione e la privatizzazione (eventuale) dello stesso dovrà esser fatta seguendo criteri logici e organizzativi bel lontani da quelli applicati dagli anni ’90 in poi sotto la forte spinta del “privatizzare è bello”.
    Imparando dai passati errori si riuscirà a garantire un’erogazione del servizio realmente efficace ed efficiente, che possa rispondere alle logiche del mercato senza deludere le aspettative dei consumatori in termini di qualità dell’offerta e soprattutto di qualità del bene stesso.

  2. stefano scrive:
    Scritto il 17-5-2011 alle ore 16:22

    Ricordo all’autore dell’articolo,che l’intervento
    dello Stato nell’economia nel novecento è stato più pressante dopo la crisi del 29.E’servito sempre a rattoppare i fallimenti dell’economia privata ed evitare soprattutto l’eccidio per fame di interi popoli.E’strano che i cosiddetti liberali angloamericani abbiano salvato interi settori finanziari con i soldi pubblici.Non prendiamo in giro la gente con il liberalismo.L’acqua è un bene pubblico,e deve essere governato da un ente pubblico.Se abbiamo tanti cattivi esempi in questo paese,ad esempio la RAI,ricettacolo di figli,nipoti,amanti,della casta non è detto che questo paese non debba essere in grado di avere un’amministrazione del bene pubblico decente.
    Dobbiamo come la Grecia regalare le nostre risorse
    alla Germania perchè non riusciamo a avere una classe politica degna di tale nome?

  3. Gianluca Sgueo scrive:
    Scritto il 17-5-2011 alle ore 16:56

    Il prossimo referendum non inciderà sulla pubblicità del bene acqua, che nessuno discute. Inciderà sulla pubblicità della gestione. Il dogma bene pubblico-gestione pubblica non mi convince. Chi ha detto che un bene non possa essere amministrato in modo adeguato da un ente privato, ovviamente nel rispetto di regole e criteri rigidi (e controlli frequenti)?
    Che però questo risultato sia ottenuto creando nuovi apparati burocratici mi pare un controsenso. Allora, spreco per spreco, preferisco la gestione pubblica.

  4. Rosario scrive:
    Scritto il 17-5-2011 alle ore 20:14

    Premesso che non conosco il decreto sulla La privatizzazione dell’acqua …credo ( e spero) che la proprietà resti sempre pubblica e solo la gestione passi al privato. Solo privato può garantire efficenza, efficacia e economicità. Il pubblico, per cultura italiana, uguale a carrozzone di parenti, amici e amici degli amici ad ogni elezioni nuove assunzioni che qualcuno dovrà pagare ( e chi se non noi consumatori?). Il vero problema tra il privato e il pubblico consiste che nel primo il management è sempre lo stesso ( quindi c’è la continuità ….) con il secondo caso 5 o 10 anni al massimo dopo di che cambia l’amministrazione e via di questo passo.

  5. stefano scrive:
    Scritto il 18-5-2011 alle ore 11:43

    Rispondo a Rosario.
    Non mi sembra che le privatizzazioni Eni,Telecom,
    ecc.. abbiamo portato tutta questa efficienza.
    All’interno di quegli apparati ci lavorano ugualmente i figli della casta con stipendi dirigenziali da WallStreet, in compenso gli utenti hanno visto triplicato i costi rispetto al passato e lo Stato,ha perso il controllo di settori vitali per l’economia.Ecco perchè i fratelli tedeschi attraverso la EU spingono i paesi più deboli della comunità europea a privatizzare.Noi svendiamo e loro comprano.

  6. Alessandra scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 16:26

    anche continuare a ripetere il mantra “l’acqua resta pubblica, è la gestione che viene privatizzata” non cambia la questione, he era chiara sin dall’inizio. mi sembrava sufficientemente evidente a tutti che ciò di cui si discuteva era l’attribuzione di un sostanziale mono/oligo-polio sulla gestione dell’acqua ai privati, e non certo del bene acqua…! non si sentiva il bisogno di tale precisazione. concordo con chi ha fatto osservare che le privatizzazioni cui si è assistito negli ultimi decenni in altri settori non hanno certo proceduto in una direzione di netto miglioramento dell’efficienza a basso costo, anzi! questa continua precisazione terminologica da accademia della crusca sul fatto che non è l’acqua ad essere privatizzata, visto che è ovvio che si tratta solo di una semplificazione, andrebbe abbandonata, rischia di voler far passare per scemo l’interlocutore che forse così scemo non è…

  7. Carmelo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 16:29

    L’articolo di Gianluca Sgueo mi sembra scollegato dalla realtà per diversi ordini di motivi.
    In primo luogo, non è vero che “Spostare l’oggetto del quesito dalla gestione del bene al bene stesso rappresenta un’operazione demagogica e fuorviante”. In realtà, senza la rete di distribuzione, il bene acqua non è fruibile (o quantomeno non è fruibile con le modalità e con la facile accessibilità alla quale siamo abituati e che dovrebbe rappresentare un diritto inalienabile). Dunque, ad essere demagogica e fuorviante è l’affermazione secondo la quale incidere sulla gestione del bene non vuol dire incidere sul diritto al bene stesso.
    In secondo luogo, costruire e realizzare dal nulla reti di distribuzione su scala nazionale è cosa ben diversa dal mantenere in efficienza le reti stesse. La realizzazione di una rete di distribuzione ha dei costi enormi ed insostenibili per il privato, anche perchè l’ammortamento di tali costi e l’inizio della percezione degli utili richiede tempi lunghissimi. Questo è il motivo per il quale nessun imprenditore privato ha mai inteso entrare in quei settori dei servizi che prevedono la realizzazione di infrastrutture distributive su scala nazionale. Solo l’intervento pubblico può farsi carico (e si è fatto carico) di tali costi. Viceversa, per l’imprenditore privato, la situazione è del tutto differente se si tratta di acquisire e gestire strutture già esistenti. Il prezzo della vendita delle reti di distribuzione (in ipotesi di privatizzazione) viene determinato secondo parametri che non tengono in alcun conto il costo di realizzazione delle reti medesime.
    In terzo luogo, ha ragione Stefano quando fa riferimento alla privatizzazione di Telecom ed agli interventi pubblici (con i soldi di tutti i cittadini) per salvare le istituzioni finanziarie private. Bisogna avere proprio del coraggio (oppure essere in mala fede) nel sostenere ancora oggi che soltanto il liberismo e la gestione privata sono in grado di garantire l’efficienza. Forse è il caso di ricordare che in Inghilterra (patria indiscussa del liberismo) negli ultimi due anni si è fatto ricorso alla statalizzazione di importanti banche private. E ciò non solo per porre rimedio agli immani guasti che quelle banche hanno arrecato alla collettività, ma anche per porre rimedio alla loro conclamata inefficienza.

  8. gianluca sgueo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 16:34

    Primo, qui nessuno prende in giro nessuno, ne esprime giudizi di valore sulle persone (ci sono modi molto migliori per farlo). Secondo, non parliamo di aria fritta ma di una distinzione basilare: privatizzazione di un bene o della gestione di un bene. Invito la lettrice a leggere l’opinione di franco bassanini, presidente della cassa depositi e prestiti ed ex ministro. Vedra’ che la teoria trova più di un sostenitore autorevole. Terzo: a scanso di equivoci, il testo che voteremo con il referendum e’ nato sul modello di una proposta avanzata dalla sinistra. Questo per dire che e ‘ un tema trasversale che, come provo a spiegare, merita forse un dibattito ripulito dal giudizio politico. Infine, mi fanno piacere tutti i commenti ma il post e’ soprattutto una riflessione sulla misura dell’intervento pubblico.

  9. gianluca sgueo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 16:45

    La statalizzazione delle banche non c’entra nulla con le privatizzazioni. Dipende da altre ragioni e non ha attinenza con il concetto di efficienza. Nessuna malafede, al contrario. Le privatizzazioni rimangono lo strumento per migliorare il servizio, nonostante le passate esperienze (peraltro tutte italiane). La gestione privata legata a vincoli precisi e definiti e’ una soluzione al fallimento di molti enti pubblici e al relativo disservizio. Non e’ la sola. C’e’ anche la buona amministrazione. Ma sostenere che sia quella la strada da intraprendere, in un paese affetto da mediocrita’ nella gestione pubblica, e’ non demagogico, ma menzognero.

  10. Carmelo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 17:41

    Com’è possibile leggere con i propri occhi, nel mio precedente post non c’è scritto che la strada da intraprendere è la statalizzazione. Nè si può affermare che quello è il concetto di fondo del mio intervento.
    Il concetto espresso è, invece, chiarissimo: la situazione data e attuale è quella di una gestione pubblica dell’acqua; le norma legislative introdotte di recente (quelle che il referendum vuole abbrogare) tendono a modificare tale situazione, dando via libera alla privatizzazione di quella gestione.
    In altri termini, ci si oppone ad una nuova privatizzazione, ma non viene in alcun modo auspicata nessuna statalizzazione. Si è fatto riferimento ad un ben preciso episodio di statalizzazione (avvenuto in Inghilterra!!!) solo per rendere ancor più evidente l’inconsistenza della tesi che vuole il privato efficiente ed il pubblico inefficiente.
    A questo punto, però, mi corre l’obbligo di sottolineare che la menzogna effettivamente c’è ed è quella del sig. Sgueo. Rappresenta una menzogna, infatti, affermare che la privatizzazione delle banche inglesi non ha attinenza con il concetto di efficienza. Vi sembra forse efficiente una banca privata che accumula debiti di proporzioni siderali e che non riesce a farvi fronte. Se poi si aggiunge che quella banca non è nemmeno in condizione di spiegare il perchè dell’enorme debito accumulato…
    Allo stesso modo, rappresenta una menzogna affermare che le esperienze negative nella privatizzazione dei servizi pubblici sono soltanto italiane. In Argentina è successa la stessa cosa, anzi li gli effetti sono stati devastanti. L’elenco potrebbe anche continuare…

  11. gianluca sgueo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 18:11

    Questo e’ un luogo di dibattito e non di insulto. Per evitare di renderlo tale e adeguarlo al basso profilo dell’ultimo commento non rispondo alle innumerevoli imprecisioni che contiene. Chi non e’ capace di discutere civilmente merita di parlare a se stesso.

  12. Carmelo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 18:54

    Chiedo formalmente scusa al dott. Sgueo, anche se non mi sembra di avere usato espressioni offensive, nè di aver fatto discorsi incivili. Non sono stato io il primo ad usare il concetto di menzogna.
    Chiedo scusa al dott. Sgueo perchè non voglio apparire come una persona incapace di discutere pacatamente e civilmente. Gli chiedo scusa anche perchè mi interessa sinceramente conoscere la sua opinione in merito alle “innumerevoli imprecisioni” che conterrebbero i miei post.

  13. gianluca sgueo scrive:
    Scritto il 19-5-2011 alle ore 19:07

    Grazie, apprezzo molto. Allora provo a spiegarmi meglio (purtroppo sono in treno e sto usando un cellulare, non e’ il massimo x scrivere). La premessa e’ che accetto tutte le critiche, del resto io scrivo opinioni ed e’ normale che ognuno abbia le sue. Detto cio’ vorrei chiarire meglio la mia opinione. Comincio dal caso uk. La “statalizzazione” delle banche secondo me non ha a che vedere con l’efficienza del servizio per due motivi. Il primo e’ che le banche (tranne quelle centrali) non svolgono un servizio pubblico e sono enti sostanzialmente privati. La seconda e’ che gli -uti di stato sono stati causati dall’esigenza di evitarne il fallimento e mettere il paese in ginocchio. Le privatizzazioni vere e proprie invece sono funzionali a migliorare la qualita’ e ridurre i costi. Ora, nel mio blog io riporto quello che (sempre secondo me) e’ un paradosso. Da una parte c’e’ lo stato che vorrebbe privatizzare la gestione dell’acqua (e non dico che sia una cosa buona o sbagliata, ne prendo atto). Dall’altro lato c’e’ la volonta’ di creare una nuova autorita’ x gestire il settore. Il mio dubbio e': privatizziamo da un lato e pubblicizziamo dall’altro? Se poi dovessi dire la mia sull’utilita’ delle privatizzazioni allora direi che mi trovano d’accordo. Certo e’ ovvio che privatizzare non deve significare regalare ai privati un pezzo di pubblico. Significa semmai porre regole ferree e dopo aprire al mercato, che selezionera’ il migliore. Riconosco anche che tra il dire e il fare ci passa un oceano e che nulla esclude i rischi di cui hanno scritto gli amici prima. Ma, e concludo, questo significa che siamo costretti a rimanere nel limbo dell’inefficienza per sempre?

  14. martini scrive:
    Scritto il 11-6-2011 alle ore 17:30

    Più che scollegato con la realtà quello che leggo, era meglio evitare, è un articolo che poco o nulla a che fare con il diritto e ciò risalta ancor più a paragone degli altri post che sono redatti da professionisti come avvocati o docenti di diritto universitari che si occupano veramente degli istituti commentando sentenze e normativa.
    Comunque questo autore non è isolato nella pochezza, anche altri post sono veramente inconsistenti quanto a diritto, mi riferisco ad esempio a certi articoli, talmente brevi da sminuirsi da soli, della Faletti di venti righe o poco più che si occupano di temi che nulla hanno a che spartire con il Ius con la i maiuscola.
    Dr. Martini, praticante prossimo avvocato.

  15. martini scrive:
    Scritto il 11-6-2011 alle ore 17:48

    Mi riferivo alla Falletti e per entrambi spero sia da sprone la mia critica e di esempio gli scritti degli avvocati tra cui ma non soli, indico Marzari Steccanella e De Valeri i cui post hanno ben altro spessore ed è un piacere leggerli anche per imparare.
    dR. mARTINI

  16. Gianluca Sgueo scrive:
    Scritto il 11-6-2011 alle ore 17:58

    Martini,
    le critiche sono sempre bene accette, anche se non condivise.

    Un blog è un luogo dove spesso si confrontano opinioni e non tesi accademiche. In particolare nel mio caso cerco sempre di unire uno spunto giuridico con una riflessione a più ampio raggio, che comprende aspetti sociologici, economici o di scienza politica.

    Personalmente trovo tutti i contributi di Postilla eccellenti. Alcuni lo sono di più, altri meno, ma la qualità è alta. Se ne renderà conto facendo una ricerca sul web e verificando quanto spesso vengono ripresi in altri blog o forum di discussione.

    è questo lo spirito che intendo portare avanti, snello e veloce, dedicandomi agli approfondimenti in altre sedi: pubblicazioni scientifiche e libri (e potrà verificare da solo che ne ho molte all’attivo).

    Forse dovrebbe proporre la sua candidatura a Postilla e insegnare a noi mediocri come si scrive.

Scrivi il tuo commento!

  • accountability, banca mondiale, burocrazia, compliance, Concerning States of Mind, Corti costituzionali, crisi economica, democrazia, dirigenza, diritto amministrativo globale, disturbing the Minds of States, efficienza, garanzie partecipative, globalizzazione, governance universitaria, incentivi all'economia, judicial review, Kadi, Lisbona, lobbismo, lobbisti, Maladministration, manovra economica, Mediatore, network, Ombudsman, Ong, partecipazione, PIL, politiche regionali, pregiudiziale amministrativa, privacy, pubblica amministrazione, pubblica istruzione, Question prioritaire de constitutionnalité, regola, rulemaking, semplificazione, Sison, sistema amministrativo nazionale, sistemi giuridici costituzionali, società civile, stndards, trasparenza, università
  • HOME |
  • FISCO |
  • DIRITTO |
  • LAVORO |
  • IMPRESA |
  • SICUREZZA |
  • AMBIENTE
  • Chi è postilla |
  • I blogger |
  • Blog Policy |
  • Diventa Blogger |
  • Chi siamo |
  • Contatti |
  • Privacy |
  • Note Legali |
  • Policy cookie |
  • Pubblicità
 X 

P.I. 10209790152

Postilla è promossa da: IpsoaIl FiscoCedamUtetIndicitalia