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Il Blog di Gianluca Sgueo

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Postilla » Diritto » Il Blog di Gianluca Sgueo » Diritto amministrativo » ICT e pubblica amministrazione, si può fare?

4 febbraio 2011

ICT e pubblica amministrazione, si può fare?

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ICT è l’acronimo di Information and Communication Technology. In Italiano diventa TIC, ossia Tecnologia dell’Informazione e della Comunicazione. Dietro l’acronimo si nasconde un concetto ampio e complesso. Si tratta, in sostanza, di tutte le tecnologie disponibili che possono essere utilizzate per acquisire informazioni, elaborarle e comunicarle all’esterno.

L’ICT, o TIC, si applica ai privati e alle pubbliche amministrazioni, con una differenza importante: i privati (le imprese in particolare) si affidano all’information technology per incrementare il volume di affari. La loro resta però una facoltà, rimessa alle disponibilità economiche e alla lungimiranza imprenditoriale dei singoli. Nel caso delle pubbliche amministrazioni il discorso è più complesso. Se, da un lato, il ricorso alle tecnologie informatiche risponde al dovere preciso di qualsiasi pubblica istituzione (quello cioè di coinvolgere il più ampio numero di destinatari), dall’altro lato è necessario fare i conti con i limiti delle nuove tecnologie. Non tutti hanno la stessa dimestichezza nell’utilizzarle. Inoltre, dal momento che l’amministrazione digitale (quella che, in altre parole, fa affidamento sulle tecnologie ITC per comunicare con i cittadini) è un’amministrazione “virtuale” – accessibile cioè per il tramite di un personal computer e non di una sede fisica – è necessario garantire una copertura capillare sul territorio. In assenza di questa, a risentirne negativamente sarebbero tanto le comunità territoriali più piccole (private di qualsiasi legame con l’amministrazione) che quelle più grandi (dove, paradossalmente, è maggiore il distacco dei cittadini dalle amministrazioni, a causa della maggiore dispersione nei rapporti umani).

Per le ragioni appena elencate l’ICT nelle amministrazioni pubbliche italiane finora ha stentato a decollare. Le amministrazioni centrali e territoriali fanno un uso diffuso delle tecnologie informatiche quando si tratta di diffondere le informazioni presso le comunità locali (il caso più importante è quello dei portali web delle istituzioni). Quando però si tratta di incentivare l’interattività, i casi virtuosi si riducono sensibilmente. Alcune amministrazioni provano ad investire sulla partecipazione dei cittadini alle procedure decisionali creando appositi portali web. E’ il caso, ad esempio, di Emilia Romagna e Umbria. Anche nel Lazio la partecipazione alla formazione del bilancio è garantita attraverso l’uso delle tecnologie informatiche. Altre amministrazioni percorrono la strada dell’informazione “proattiva”, che concede al destinatario la possibilità di replicare. Accade così in quei Comuni che sperimentano l’utilizzo di twitter per informare i propri cittadini. Per le amministrazioni centrali, poi, c’è il caso del Ministero della pubblica amministrazione, che dibatte con i cittadini attraverso twitter e facebook. Infine, alcune amministrazioni tentano di “informatizzare” i servizi di gestione. Cito due casi esemplificativi: il primo è quello della fatturazione elettronica, che abbatte i tempi procedurali e consente il dialogo interamente informatico tra le parti. Il secondo è quello, molto recente, dei certificati medici online. Anche in quest’ultimo caso lo scopo è quello di accellerare il servizio rendendo un beneficio duplice, ai cittadini e alle amministrazioni.

C’è da aspettarsi che nel futuro prossimo la grande maggioranza dei servizi venga erogata tramite strumenti informatizzati. Sono di questa opinione anche i vertici politici: il Ministro Romani ha recentemente annunciato l’abbattimento del digital divide entro il 2013. Al di là delle dichiarazioni, tuttavia, rimangono aperti almeno tre problemi:

1. è necessario abbandonare la visione utopistica di un’amministrazione interamente digitale. Lo sviluppo delle tecnologie informatiche è utile fintanto che non si sostituisce alle tradizionali forme di erogazione dei servizi;

2. è opportuno investire sulla protezione dei dati. Il caso Wikileaks insegna che le informazioni che viaggiano sulla rete lo fanno più rapidamente, ma anche con minore sicurezza;

3. è opportuno non trascurare i tempi fisiologici per l’entrata a regime delle tecnologie. Torno nuovamente sul caso dei certificati medici online. Le numerose critiche e richieste di proroga da parte delle amministrazioni rivelano un distacco sensibile tra l’idea e la pratica. Non sempre esistono le competenze e la preparazione necessarie per dare pronta attuazione a queste modifiche.

ICT e pubblica amministrazione è un obiettivo che si può (e, anzi, si deve) perseguire. E’ bene però mantenere alto il livello di guardia, e non cedere all’illusione dei benefici a costo zero. Al contrario, l’ICT rischia di trasformarsi in una trappola, anzichè un servizio, per i cittadini.

Letture: 7752 | Commenti: 3 |
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3 Commenti a “ICT e pubblica amministrazione, si può fare?”

  1. Bartolo scrive:
    Scritto il 8-2-2011 alle ore 12:29

    Condivido totalmente. Un passo mi è particolarmente piaciuto sulla distanza tra cittadini e PA che s’accresce tanto più gtande è l’Istituzione pubblica. Sui certificati di malattia, (sono interessato perchè collaboro con un ufficio del personale di una PA ospedaliera) più che alla semplificazione per i cittadini e alla lunga anche per i medici quando ci sarà “più banda per tutti” sarò soddisfatto di leggere che potendo incrociare i dati non avremo più medici compiacenti ovvero (di conseguenza) lavoratori cosiddetti “fannulloni” ed emergerà probabilmente, in larga parte, che le assenze per malattia servono a soddisfare altri bisogni come ad esempio assistere i propri familiari.

  2. Alessandro scrive:
    Scritto il 3-9-2011 alle ore 00:41

    http://blog.supersaas.it/2011/08/innovare-gli-enti-pubblici-volte-basta.html

  3. Gianluca Sgueo scrive:
    Scritto il 5-9-2011 alle ore 15:14

    Complimenti ad Alessandro, ottima iniziativa!!

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