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Postilla » Diritto » Il Blog di Gianluca Sgueo » Diritto amministrativo » Vade retro burocratese. I perchè del successo dei corsi di legal drafting

3 novembre 2010

Vade retro burocratese. I perchè del successo dei corsi di legal drafting

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Il più prestigioso di tutti, organizzato e patrocinato dall’Accademia della cruscia e dal CNR, si è concluso ad ottobre. Una full immersion di tre a Firenze, con partecipanti di tutte le amministrazioni italiane per imparare le tecniche di legal drafting, con la finalità di migliorare la capacità di redazione degli atti amministrativi, agevolando così la comunicazione tra questi ultimi con l’utenza.

Quello di Firenze non è però un caso isolato. Il successo dei corsi di legal drafting si ripete da qualche tempo in numerose amministrazioni italiane. è il caso, ad esempio, dell’Agenzia per lo Sviluppo delle Amministrazioni Pubbliche (ASAP), ente pubblico di formazione controllato dalla Regione Lazio. I corsi di buona redazione degli atti amministrativi organizzati dal gennaio 2010 per i dipendenti della giunta e del consiglio hanno visto partecipare un alto numero di iscritti e, soprattutto, riscosso ottimi giudizi da parte di costoro.

Quali sono le ragioni di questo successo? In realtà, l’idea di snellire il linguaggio burocratico non è nuova (in Inghilterra il movimento cd. Plain English nacque nel 1979) nemmeno in un Paese come il nostro, caratterizzato da una pubblica amministrazione tendenzialmente “reazionaria” e, spesso, lontana dalle esigenze dei cittadini. Già nel maggio del 2002 il Ministero della Funzione Pubblica, allora guidato da Franco Frattini, pubblicava una direttiva finalizzata a dettare alcune regole essenziali per la buona redazione degli atti e diffondeva un programma dal nome accattivante: “Chiaro!”. Ci sono anche altri esempi virtuosi. Penso ad esempio al Molise, che già da qualche anno ha completamente rivoluzionato l’aspetto grafico e contenutistico dei propri atti amministrativi, conformando i nuovi standards a quelli della direttiva ministeriale.

In realtà però la gran parte della comunicazione istituzionale rimane poco comprensibile. Abbondano nei documenti amministrativi i termini tecnici, l’utilizzo di abbreviazioni non necessarie, l’uso improprio di termini stranieri. Ciò nel migliore dei casi. In alcune (ma fortunatamente meno frequenti) ipotesi gli atti amministrativi presentano una sintassi criptica, al punto da risultare incomprensibili anche agli addetti ai lavori.

Di qui le conseguenze negative. (1) Per cominciare, la poca chiarezza ha un costo, di almeno due tipi. Il più evidente è quello relativo al rischio di contenzioso. é cioè più facile che il cittadino ricorra in sede giudiziaria contro un atto amministrativo (una multa, ad esempio) che manca di chiarezza, piuttosto che l’ipotesi contraria. C’è poi un costo “sociale”. La mancante o non corretta comunicazione tra ufficio amministrativo e destinatari produce in questi ultimi una percezione distorta del servizio pubblico. (2) C’è poi da considerare che, con la diffusione degli strumenti informatici e la digitalizzazione della P.A., il flusso comunicativo tra amministrazioni e cittadini è aumentato notevolmente. Il che aumenta anche la possibilità che gli atti amministrativi non siano redatti correttamente.

Un successo dettato dunque da ragioni pratiche, in linea con l’esigenza di ridurre le spese e, ovviamente, migliorare il servizio pubblico. Il tutto a patto che la ricerca di maggiore chiarezza dei testi non produca effetti paradossalmente contrari. Il “burocratese”, in altre parole, ha una sua ragione di essere nel momento in cui l’uso di parole estranee al linguaggio comune (o l’utilizzo di termini di comune utilizzo con un’accezione diversa da quella usuale) sono necessarie per veicolare un messaggio chiaro e ridurre la possibilità di interpretazioni di vergenti. A ben vedere, lo scopo di questi corsi dovrebbe essere (e, in effetti, è) non tanto e non solo quello di insegnare come scrivere in maniera più lineare un documento amministrativo. Ma anche, e soprattutto, come impostare logicamente un atto in modo che il contenuto risulti chiaro a chi lo legge, ma senza rinunciare al vocabolario tecnico (gli inglesi direbbero jargon) di cui è giusto si avvalga un’amministrazione.

Se così non fosse, la trasformazione del burocratese nel linguaggio dell’uomo comune produrrebbe risultati ben più gravi di quelli derivanti da un’uso eccessivo di sigle o termini desueti.

Letture: 14318 | Commenti: 3 |
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3 Commenti a “Vade retro burocratese. I perchè del successo dei corsi di legal drafting”

  1. Giulia scrive:
    Scritto il 10-11-2010 alle ore 15:26

    Buongiorno,
    ho trovato questo suo intervento molto interessante. Mi trovo spesso a dover affrontare l’analisi di testi normativi, circolari e direttive non chiare e di dubbia interpretazione.
    Vorrei sapere se il materiale relativo al programma “Chiaro!” del Ministero della Funzione Pubblica, che citava nel post, è disponibile o era stato predisposto ad uso esclusivamente interno.
    Grazie e buon lavoro!

  2. Gianluca Sgueo scrive:
    Scritto il 10-11-2010 alle ore 23:49

    grazie.
    Le suggerisco di visitare i seguenti siti, dove potrà trovare informazioni aggiuntive e il materiale relativo al progetto:

    1.http://www.maldura.unipd.it/buro/chiaro.html

    2.http://www.comuniconline.it/pagina.asp?ct=20

    3. e soprattutto: http://www.innovazionepa.gov.it (da qui potrà accedere alla pagina del Dipartimento della funzione pubblica e trovare moltissimo materiale utile).

  3. Dal corso di formazione sulla semplificazione del linguaggio al manuale di buone prassi. Il buon esempio della Regione Lazio | Il Blog di Gianluca Sgueo scrive:
    Scritto il 6-4-2011 alle ore 15:38

    […] un post del novembre 2010 (Vade retro burocratese. I perchè del successo dei corsi di legal drafting) scrissi delle ragioni legate all’”esplosione” dei corsi di semplificazione del […]

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